La Duchessa e la Darsena Lucca

Nel 1817 il borgo di Viareggio è dotato di un assai modesto porto, costituito unicamente dalla foce del Canale Burlamacca, direttamente aperto sul mare, facile all’insabbiamento e soggetto alle mareggiate, in ogni caso capace di ospitare soltanto un numero ridotto di barche di ben scarsa portata, sia per la pesca che per un ristretto commercio legato ad una navigazione lungo la costa, rivierasca e non d’altura. In più è puttosto corto, perché in pratica va dalla cateratte dello Zendrini alla attuale via IV Novembre, che allora chiamavasi via della Costa e solo nella parte più  interna dotato di banchine. Il lavoro del tutto artigianale di fabbricazione di barche si svolge sulle rive stesse del Canale, all’aperto, efficiente e professionale, sì, ma per scafi di non rilevanti proporzioni e pretese, di pochissimo pescaggio, in quanto risponde alle ben limitate esigenze locali, che comprendono anche il raggiungimento degli approdi di Massarosa e Massaciuccoli.

            Maria Luisa dedica i mesi successivi alla sua presa di possesso del Ducato alla conoscenza dello stesso, cioè tutto il 1818, benché all’arrivo le sia stato presentata un’opera manoscritta splendida, arricchita da tavole illustrative di grande pregio, che illustrava con abbondanza anche di dati statistici e di valutazioni varie tutto il territorio soggetto alla sua sovranità: ma il prenderne visione diretta costituisce ben altra esperienza rispetto ad una lettura eminentemente culturale. Dopodiché, e siamo nel 1819, si “scatena” in una impressionante serie di decisioni che sono documentate nel ricchissimo fondo intitolato Reale Intima Segreteria conservato nell’Archivio di Stato di Lucca. E’ in questo ordinatissimo e ben catalogato fondo che si custodiscono tutti i documenti atti a ricostruire  la storia di quel periodo, anche quella di Viareggio, naturalmente.

            Si apprende, così, che già nel 1819 la Duchessa decide di intervenire efficacemente dando avvio alla costruzione dei moli, sia di levante che di ponente, sul Canale Burlamacca: il che ci consente di presumere che fino a quel momento non tutto il Canale fosse irreggimentato con argini ben definiti, tali da definire un attracco delle barche mantenendole in acqua e non semplicemente tirate in secca, cioè sulla riva.

            Nell’anno successivo, il 1820, si registrano gli interventi più decisivi per quanto riguarda l’aspetto portuale di Viareggio. Innanzi tutto la nomina di Ippolito Zibibbi a Comandante della Marina. E’ vero che c’era già da almeno il Cinquecento un Commissario specifico, ma si trattava di considerare soltanto l’aspetto costa marina da tutelare contro scorrerie di vario genere, contrabbando compreso. Maria Luisa, invece intende il mandato relativo alla flottiglia, tanto che ci sarà poi nel 1821 anche un distinto decreto relativo all’uso degli arenili o spiagge.

            Sempre in questo 1820 la Duchessa prende una decisione fondamentale: la costruzione di una darsena, la prima del sistema portuale viareggino, quella che verrà poi chiamata Darsena Lucca. Si tratta della Darsena con l’ingresso dal Canale Burlamacca, prospicente alla Torre Matilde. All’uopo viene occupata anche un’area di proprietà del viareggino Cesare Ragghianti, che avvierà una causa di risarcimento danni che si concluderà soltanto nel 1822. Affida il progetto in prima battuta all’esperto architetto genovese Pellegrini e poi agli architetti lucchesi Nottolini e Santini. La scelta del luogo non è casuale: è fatta in funzione del riparo dai venti e della sicurezza di stazionamento del naviglio e la profondità è studiata in modo tale da consentire l’attracco di barche di stazza e pescaggio ben superiori a quelle assai modeste e piccole fino a quel momento presenti. Una chiara intenzione di sviluppo futuro, questa della Duchessa di Lucca.

            A questo proposito è interessante notare che il tutto si svolge sotto lo sguardo vigile dello Zibibbi. Nell’Archivio del Centro Storico Documentario di Viareggio si conservano, infatti, fra altri documenti, i ricevutari dei pagamenti relativi allo scavo della Darsena. Da questi si apprende che ai lavori sono addetti anche alcuni galeotti custoditi nella Torre Matilde, regolarmente pagati per la pesante opera prestata, ma le cui spettanze vengono versate nelle mani del direttore del bagno penale e non direttamente agli interessati. E’ lecito, così, supporre che tali somme siano state versate poi successivamente, cioè al momento della liberazione a fine pena.

            La Darsena poteva sembrare sproporzionata alle modeste esigenze della attività della popolazione viareggina, ma Maria Luisa aveva una visione ampia, articolata e organica, come risulterà evidente – almeno si spera –  anche dalle notizie successive.

Monsignor Scarabelli

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