Il meccanismo di Antikythera..di Marco Polloni

IL MECCANISMO DI ANTIKYTHERA noto anche come MACCHINA DI ANTICITERA è il più antico e complesso calcolatore meccanico di cui la storia abbia memoria, si tratta di una sorta di astrolabio
mosso da sofisticati rotismi che venivano azionati per mezzo di manovelle.
I frammenti di tale meccanismo, fortemente corrosi, furono ritrovati nel 1900, grazie alla segnalazione di un gruppo di pescatori di spugne che, a causa di una tempesta, si trovarono costretti
a rifugiarsi sulla piccola e rocciosa isola di ANTIKYTHERA, situata a Nord-Est di Creta, dove scoprirono un antico relitto.
L’imbarcazione veniva dall’ Egeo orientale, si pensa fosse diretta verso Ovest, probabilmente a Roma, visto il carico composto di beni di lusso risalenti al I sec. a.C. (anche questi come il reperto
in questione, conservati al Museo Nazionale di Atene),.
La pulitura e le radiografie dei reperti rivelarono delle frammentarie iscrizioni in greco e molti dettagli meccanici, incluse le tracce di 31 ruote dentate, oltre alla più evidente, che costituivano il
meccanismo ad ingranaggio riconosciuto come il più antico del mondo, di un livello di complessità mai immaginato dagli studiosi dell’epoca ellenistica, così complesso e sofisticato a tal punto da
restare insuperato fino all’elaborazione degli orologi astronomici risalenti a circa 1400 anni dopo.


La prima relazione approfondita dell’oggetto in questione, fu pubblicata dal fisico e storico della scienza Derek John Price che descrisse l’importante ritrovamento, collocando il reperto nell’ambito
della storia della tecnologia; con il suo saggio egli mirava a contraddire la tradizionale convinzione secondo la quale le maggiori conquiste tecniche e tecnologiche dell’antichità fossero piuttosto
modeste, secondo lui, il congegno di Antikythera non sarebbe appartenuto ad un epoca successiva alla datazione del relitto, come sostenevano alcuni, ma effettivamente contemporaneo ad esso.
Inoltre con il suo saggio Price elaborò una ricostruzione secondo la quale, con l’ausilio di due quadranti situati su facce opposte, tramite un complicato sistema di ruote dentate, facendo girare
una ruota, gli indicatori presenti su una faccia avrebbero mostrato la posizione del Sole e della Luna nello Zodiaco relativamente ad una data stabilita, mentre sul quadrante opposto sarebbero stati
indicati gli eventi del mese sinodico e diverse altre informazioni riguardanti la complessità dei moti celesti, in base alle conoscenze e alle teorie astronomiche dell’epoca.
Oggi la ricostruzione di Price, ed altre basate su di essa sono superate, gli errori sulla presunta disposizione delle parti sono stati corretti applicando maggior attenzione ai particolari, ragion per
cui, tale strumento risulta essere ancora più complesso di quanto si supponesse in passato.
Ci sono prove sufficienti che dimostrano l’esistenza di un SISTEMA EPICICLICO che ruota con il Sole; tale grado di complessità (chiaramente senza entrare in difficili spiegazioni) giustifica meglio
la presenza della ruota maggiore che fungeva da piattaforma, sia dell’ingranaggio epiciclico e sia di altri atti a descrivere il moto del Sole secondo Ipparco o il moto di Mercurio e Venere secondo
Apollonio. Chiaramente queste e altre indicazioni sono state aggiunte in modo ipotetico per completare il quadrante planetario ma sempre in base e compatibilmente ai frammenti del reperto.
La macchina, costruita in bronzo, era delle dimensioni di circa 30 x 15 cm e uno spessore non ben definito; era ricoperta da moltissimi caratteri di scrittura dei quali solo il 95% circa è stato decifrato.
Come già accennato, alcuni archeologi sostenevano che lo strumento fosse troppo complesso e sofisticato per appartenere alla stessa epoca del relitto, e solo nel 1951 i dubbi iniziarono ad essere
svelati ed è proprio in quell’anno che Derek Price cominciò a studiare il congegno.

Prof. Marco Polloni

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