L’Arte Concettuale: “il ferro da stiro con chiodi”..di Marco Polloni

Su specifica richiesta provo a rispondere brevemente, come già fatto in passato, alla domanda sul senso dell’ Arte Concettuale e, a tal proposito, mi servo della conosciuta opera dadaista,
il cui titolo è “Cadeau” (regalo), il ferro da stiro con chiodi (1921) di Man Ray nel quale intravedo un buon esempio per la spiegazione, nonostante che tale opera appartenga al
movimento artistico-letterario detto “Dada” (nato a Zurigo nel 1916), una parola priva di uno specifico significato.

L’arte concettuale, propriamente detta, fece la sua comparsa in Europa intorno agli anni 60 del XX sec., in opposizione alle forme artistiche tradizionali.
Gli artisti concettuali sostenevano che l’Arte non risiede nell’aspetto esteriore delle opere, ma nell’idea, nella parola, nel pensiero o meglio, appunto, nel concetto.

Le premesse più dirette del concettualismo sono individuabili in alcuni movimenti che andavano già definendosi negli anni cinquanta, come New Dada e Minimal Art.
Il primo artista ad aver usato il termine concettuale per definire il suo programma artistico è stato l’americano Joseph Kosuth; una delle sue opere più famose è : “Una e tre sedie”.
In tale opera egli presentava: la sedia reale, l’immagine della sedia, e la parola sedia, per suggerire allo spettatore il rapporto logico che lega i tre aspetti dell’oggetto, ossia la sedia in
tre rappresentazioni diverse.
Ora però, per cercare di chiarire al meglio e rispondere alla domanda sul senso dell’Arte Concettuale, frequentemente non pienamente compresa, diciamo subito che l’Arte, tutta, in
via generale, comprende l’aspetto concettuale, perché vede il suo principio proprio nel concetto, nell’idea, un pensiero definito e idealmente configurato ma ancora invisibile.
Il compito dell’ Arte (volutamente con la lettera A maiuscola) è rendere visibile l’invisibile o rendere visibile gli aspetti invisibili delle cose visibili, ossia l’Arte è l’oggettivazione
dell’exemplar, cioè quella sorta di causa esemplare, ossia la forma che prima di essere calata nella materia per costituire l’artefatto si trova nella mente dell’artefice e che diverrà il mezzo
per veicolare il concetto prescelto:
<<Tutta l’arte riguarda il produrre all’esistenza […] quelle cose che possono essere e non essere, e delle quali il principio è in colui che fa e non in ciò che è fatto>> (Aristotele).
Dunque il primato è del pensiero, potremmo dire che l’Arte è una sorta di rappresentazione di ciò che esiste a livello noetico (del pensiero), il pensare è l’attività più alta; dice Schelling:
<<… Togliete all’arte l’oggettività ed essa cessa di essere quel che è, diventando filosofia; date oggettività alla filosofia ed essa cessa di essere filosofia, diventando arte…>>
(L’Estetica di Schelling).
Ciò significa che la linea di demarcazione tra Arte e Filosofia è l’oggettività, e l’Arte gode del meraviglioso dono di oggettivare il concetto pensato, per cui abbiamo da una parte il tendere
della Filosofia verso l’Arte e dall’altra la tendenza, che si evidenzia fortemente nell’Arte Concettuale, di avvicinamento alla Filosofia, da cui la necessità di oggettivare il concetto
con i minimi mezzi.


CADEAU” : è un ferro da stiro, un ready made, un oggetto trovato, in cui la spiccata valenza concettuale immessa è nei 14 chiodi che l’autore ha applicato, i quali non negano l’oggetto,
ma la sua funzione, quella di stirare, il ferro da stiro rimanda pienamente a se stesso, mentre i chiodi ne negano il funzionamento, cioè quello di essere macchina per stirare.
Dunque, siamo di fronte ad un artefatto che unifica in sé funzione e antifunzione; l’oggetto veicola il messaggio che dice di essere e non essere simultaneamente, ragion per cui nega il
principio di non contraddizione per il quale ciò che è non può, nello stesso tempo, anche non essere; quindi tale ferro da stiro con chiodi diviene l’impossibilità oggettivata, cioè quella di
essere e di non essere contemporaneamente.
Il valore concettuale dell’opera è tale che: un semplice oggetto del quotidiano (manipolato), produce stupore, non perché vi sono immesse elevate qualità artistiche, ma perché tende, con
minimi mezzi, a spostare l’attenzione dal piano della visione al piano della concezione tramite un cammino che va dal concetto pensato alla visione e dalla visione al concetto
pensato.

Prof. Marco Polloni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *