Maria Luisa di Borbone e la Real Flotta

Nella costruzione della Darsena e nel consolidamento e sviluppo del canale-porto di Viareggio entravano anche ragioni politiche ed economiche, come già accennato: la volontà della Sovrana di rendersi libera, per quanto possibile, dalla dipendenza dal Granducato di Toscana e, nello specifico, dal porto di Livorno. I passaggi commerciali delle merci, infatti, erano gravati da non lievi oneri doganali e le decisioni prese avevano anche come non ultimo scopo quello di alleviare da questo gravame i suoi sudditi.

            Continuando nelle considerazioni sullo sviluppo portuale di Viareggio dobbiamo aggiungere un altro argomento: la garanzia della sicurezza della fascia costiera del Ducato. Motivazione, questa, che, sicuramente insieme ad altre che rilevaremo in seguito, che anima Maria Luisa nella decisione di dotarsi di una piccola “Real Flotta” militare. Piccola certamente in quanto costituita da due sole unità, cioè una goletta ed un filuccio o bovo, però sufficienti per il pattugliamento del breve tratto di costa marina di pertinenza del territorio ducale.

            E’ da rilevare come queste due unità vengano acquistate col “privato e particolare Borsiglio” della Duchessa, senza alcun aggravio sull’erario statale, se non quello successivo dei costi gestionali: in sostanza la “Real Flotta” si configura come proprietà privata. E’quanto si evince dalla comunicazione della Reale Intima Segreteria al Consigliere di Stato e Presidente di Grazia, Giustizia e Interno datata a Viareggio il 23 maggio 1820: da due giorni le due unità da guerra erano già attraccate a Viareggio, provenienti da Genova dove erano state acquistate.

            La prima di queste due unità, la goletta chiamata “Maria Luisa”, costruita nei cantieri navali di Genova, aveva uno scafo chiavato e foderato di rame lungo 22 govi, pari a 16,37 metri. Era dotata di un albero di maestra di 43 piedi, di un albero di sabbia e freccia di 37 piedi, da due alberi di trinchetto rispettivamente di 47 e 26 piedi e di bome di 34 piedi. Risulta armata con due cannoni, quattro corronade (cannoni corti di ferro), 12 spontoni (aste con punta per arrembaggi, 22 fucili, 18 sciabole e munizioni varie. La goletta era sede del comando della flotta. Non si evince dai documenti la consistenza dell’equipaggio, sicuramente superiore a quella del filuccio, anche se i dati sull’armeria consentirebbero fondate supposizioni.

            La seconda unità, il filuccio o boco intitolato “Carlo Lodovico”, anch’esso costruito nei cantieri di Genova, aveva uno scafo inchiodato e foderato di rame lungo 19 giovi, pari a 14,14 metri, ed era dotato di un alberto di maestra e di un albero di mezzana. Il suo armamento era composto da quattro corronade, 12 fucili, 12 sciabole, 12 lance e munizioni varie. L’equipaggio risulta essere composto da 17 uomini.

            E’ da notare che queste due unità non ebbero mai occasione di combattere e, nel breve tratto della loro esistenza. fecero soltanto alune crociere di rappresentanza, ovunque salutate nell’entrare in porti di altri Stati italiani con i dovuti onori secondo il cerimoniale in vigore in quei tempi.

         Molti autori sostengono che le decisioni di Maria Luisa relative alla Real Flotta siano state dettate dal desiderio di ben figurare davanti al consuocero, Vittorio Emanuele I di Savoia, in occasione dell’arrivo nel ducato della figlia Maria Teresa Felicita con Carlo Lodovico. Si comprenderbbe, così, come, una volta celebrato il matrimonio del figlio, questo intento venisse a mancare.

      Si è, però, del parere che abbiano concorso altre e più gravi condizioni. Da alcune relazioni economiche relative alla gestione ordinaria di queste due unità risultano impiegate delle somme decisamente assai consistenti, alla fin fine non sostenibili dal “privato e particolare Borsiglio” di Maria Luisa. Anche il loro inutilizzo bellico, inoltre, deve aver concorso alla decisione di venderle all’asta a Genova, incaricando dell’intera operazione l’agente della Duchessa a Genova, Giacomo Oneto. L’atto di vendita fu redatto dal notaio genovese Francesco Sigimbosco: la rimessa economica fu ben visibile, ma in ogni caso si era posto termine al continuo salasso per le spese di manutenzione ordinaria.

      Infine da segnalare il fatto che, per conto suo, il governo ducale di Carlo Lodovico, successo alla madre nel 1824, non mancò di tutelare la sua frontiera costiera sia mantenendo attivi i forti litoranei, sia predisponendo una rete di intese diplomatiche con i regni di Francia, Sardegna e Spagna. A quest’ultimo riguardo pare interessante una lettera indirizzata, il 22 giugno 1827, al ministro Ascanio Mansi da Antonio Filicchi, console del ducato di Lucca a Livorno, in cui si comunicava come il re di Francia avesse ordinato che “una o due Fregate della sua Real Marina incrocino sulle coste d’Italia, coll’incarico di proteggere la Navigazione, ed il Commissario dei Sudditi di S.M.I. e R., e degl’altri Alleati di S.M. sud.a”. In altri termini, grazie ai buoni rapporti esistenti tra Carlo Lodovico e Carlo X, Lucca, il suo territorio e il suo naviglio venivano compresi nel protettorato francese contro i corsari barbareschi.

Monsignor Scarabelli (Accademia Maria Luisa di Borbone)

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