Viareggio elevata a città e piano regolatore

            Già nel 1819, secondo anno di governo diretto, ben sei decreti emanati da Maria Luisa riguardavano Viareggio, allora con 3411 abitanti, ponendo le premesse delle decisioni che verranno da lei adottate nell’anno successivo. Alcuni di questi sono già stati oggetto di trattazione negli articoli già precedentemente qui pubblicati.

            Scorrendo i bollettini delle leggi e dei provvedimenti del Ducato Lucchese emanati dal 1 gennaio al 31 dicembre 1820, si possono individuare ben sedici interventi specifici per la città di Viareggio su settantanove emanati per l’intero Stato. Il più importante è ovviamente il n. 23, cioè quello del 7 giugno 1820 con il quale si stabilì in maniera dettagliata l’organizzazione amministrativa del luogo. Agli articoli da 1 e 2 si legge che “Art. 1: Il Territorio del Nostro Ducato di Lucca sarà diviso in due Città, cioè Lucca, e Viareggio, che formano due Comunità distinte, ed in due altre Comunità quali sono quelle del Borgo, e di Camaiore. Art. 2: La Comunità della Città di Viareggio sarà composta dei Dipartimenti di Viareggio, e Montignoso, e la Comunità di Camaiore dei Dipartimenti di Camaiore, e di Pescaglia”.

            Conseguentemente, con decreto del 1 agosto 1820 fu nominato Governatore Giuseppe Pellegrino Frediani, già consigliere di Stato e direttore del Monte di Pietà, coadiuvato nel suo incarico dal segretario Bonifacio del Beccaro, che era già stato segretario del Gonfaloniere di Camaiore.

            Nel frattempo, con decreto del 30 maggio 1820, la Duchessa interveniva con una decisione determiante sullo sviluppo urbanistico di Viareggo.

Su suo incarico, infatti l’archietto regio Lorenzo Nottolini aveva elaborato un piano regolatore lo sviluppo della città. Utilizzando anche progetti precedenti, ne cambiava l’assetto fino ad allora allineato al sinuoso ed irregolare corso del canale Burlamacca, allineandolo alla riva del mare: ne risultava, così, una configurazione geometrica di  appezzamenti suddivisi in quadrati su vie parallele o perpendicolari al mare.

Pianta di Viareggio (ricavata da uno studio-tesi degli alunni dell’IIS Galilei Artiglio Viareggio)

Questa configurazione rimarrà sostanzialmente invariata in pratica fino al 1965. Ma, quel che è più importante è il regolamento che accompagnava il progetto di sviluppo della nostra città. E su questo è necessario approfondire un po’. In esso si concedeva gratuitamente il terreno a chiunque avesse fabbricato nuove case a Viareggio in quantità proporzionata alla vastità del fabbricato, contemplando un massimo di piani tre da terra. Era necessario costruire secondo il progetto approvato entro un periodo massimo di cinque anni pena la recessione; era obbligatorio provvedere all’impianto ed alla coltivazione di un orto in funzione del quale era possibile costruire un ambiente per gli attrezzi, quello che diverrà la tipica “casetta in fondo all’orto” dando così origine a quella struttura abitativa ben conosciuta come “casa alla viareggina”. Il progetto doveva essere sottoposto al parere vincolante dell’architetto regio. Infine, i costruttori-proprietari avrebbero goduto di una esenzione dalla imposta fondiaria per 25 anni.

            Può sembrare strano che venga imposta la clausola di tenere un orto, ma è bene ricordare come solo due o tre anni prima nella Lucchesia si moriva letteralmente di fame.

La condizione posta da Maria Luisa era evidentemente conseguenza delle tristi impressioni che aveva avuto nell’ingresso nel Ducato e con questa decisione si voleva garantire un minimo di sostegno all’econonia domestica. In più, era consentito anche scavare pozzi per attingervi con pompe l’acqua irrigua e, se, dopo analisi, ritenuta potabile, anche per uso domestico. Ulteriore contributo, questo, ad una gestione famigliare più economica.

Monsignor Giovanni Scarabelli (Accademia Maria Luisa di Borbone)

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