Il Bargio Reale

            Nell’ambito delle notizie relative al potenziamento del porto e della marineria, merita sicuramente aggiungerne altre che riguardano un soggetto particolare: il bargio reale, la costruzione del quale può anche assumere un significato emblematico, trattandosi di quello che può essere considerato il primo contratto, di una certa consistenza almeno, della cantieristica viareggina.

            All’argomento ha dedicato un bel saggio il cultore di storia viareggina Claudio Lonigro e da questo vengono tratte gran parte delle notizie di seguito riportate.

            Già all’inizio dell’Ottocento si registra una piccola emigrazione dal limitrofo territorio pisano del Granducato di Toscana, poi Regno borbonico d’Etruria, poi Principato napoleonico. Alcune famiglie di Limite sull’Arno, esperte da lungo tempo nella costruzione di naviglio, trasferiscono la loro attività sulle sponde del canale della Burlamacca, dando avvio, così, ad una attività artigianale, la cui serietà e professionalità ben presto le caratterizzano. Fino a questo momento, infatti, per commesse di natanti di una certa importanza ci si rivolgeva ai cantieri di Genova o di Livorno, come nel caso di Napoleone che regala alla sorella Paolina un bargio – forse rimasto a Viareggio dopo la fine del principato – costruito proprio nel capoluogo ligure e come nel dianzi illustrato acquisto di naviglio da guerra da parte della duchessa Maria Luisa.

            Quasi certamente in previsione del matrimonio del figlio Carlo Lodovico con Maria Teresa Felicita di Savoia, il cui arrivo è previsto via mare con sbarco a Viareggio nella tarda estate del 1820, Maria Luisa decide di dotarsi di un bargio reale nuovo ed adatto alla bisogna. Incarica della commessa il Comandante della Marina, Ippolito Zibibbi, che con contratto in carta da bollo datato Viareggio 2 giugno 1820, incarica dell’esecuzione Valentino Pasquinucci, classe 1782, originario di Limite sull’Arno. Semmai possono stupire i tempi assai stretti: il tutto deve essere realizzato a regola d’arte e di tutto punto e consegnato entro 40 giorni, secondo un progetto il cui disegno, purtroppo, non ci è pervenuto.

            Abbiamo, però, il piacere di poter presentare un modello del bargio reale di Maria Luisa, riprodotto in scala per le abili mani di Alfredo Dal Pino: lo ringraziamo di avercene consentita la riproduzione. Ed è grazie a lui che è stato possibile rappresentare, anche se per sola similitudine, l’idea di quello che può essere stato in realtà questa barca.

            Non meno interessante è la ricostruzione su rigorosa base documentaria del nucleo originario dell’equipaggio del bargio, al cui comando fu nominato lo stesso Zibibbi, paludato da una fantasiosa e ricca uniforme che, col tempo, lo trasformò una una “macchietta” viareggina. Era composto dallo stesso costruttore Valentino Pasquinucci detto Valente di spacca, Cosimo Petrucci,  Battista Martinelli, Giuseppe Barsella detto Scarpetta, Sebastiano Barsella  detto Bricche, Gesualdo Ranieri Cipriani, Francesco Nardini detto Gaggiò, Raffaello Vannucci detto Raffaello di chiorina; lo stesso gruppo di persone che il 23 maggio 1820 aveva inviato una petizione, poi accolta da Maria Luisa, tesa all’impiego proprio come personale nell’ambito della marineria.

            In un secondo tempo, evidentemente a fronte di oggettive necessità rilevate in navigazione, il personale richiesto per il servizio del Bargio si ampliò aggiungendo Giovanni Barsella detto Basilio, Francesco Bertuccelli detto Cecchinetto, Carlo Pasquinucci, Pasquale Pieri, Anton Maria Puosi  detto Il Grassi, Luigi Simonetti detto Boghetta di falasco, Vittorio Tomei  detto di Francia, Carlo Vannucci detto Carlino di chiorina, e Pasquale Bargellini.

            Purtroppo, Carlo Lodovico, succedendo nel Ducato nel 1824, non aveva gli stesi interessi della madre ed ancor meno l’amore per il mare, per cui il bargio finì con rimanere inutilizzato, forse nella darsena vecchia o Lucca oppure, al dire di Giuseppe Genovali – ritenuto il primo storico di Viareggio – il quale ci riferisce che “il piccolo naviglio dei Principi di Lucca era posto a sicuro nel capannone”, invaso che si trovava nei pressi degli ex scali della sabbia silicea a monte del ponte della ferrovia, e che nel 1880 venne demolito e riempito. Una notizia ci viene fornita dal marchese Pietro Provenzali che in una sua cronaca datata 21 luglio 1838 racconta di “un piccolo bastimento destinato per la passeggiata in mare del Principe ereditario” che non riuscì ad uscire in quanto “il mare era molto grosso il che impedì di sortire dalla fossa e convenne retrocedere”.

Probabilmente, il Bargio aveva il suo approdo anche sulla spiaggia antistante Villa Borbone, come risulterebbe da una mappa datata 1913 che riproduce il tratto di costa viareggina nella quale si riporta l’indicazione ‘pontile’. 

Monsignor Giovanni Scarabelli (Accademia Maria Luisa di Borbone)

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