Lucca, la zecca e la Tuscia

La potenza dei Marchesi di Toscana sorta dal comitato di Lucca, si estese ben presto sui comitati vicini fino a comprendere, non solo tutta la regione Toscana ma, anche territori estranei come la costa ligure fino alla Provenza, il Ducato di Spoleto, la marca di Camerino e la marca dei Canossiani, posta nell’Italia padana.

Fu in tali circostanze, che nella seconda metà del X secolo i duchi ed i marchesi di Tuscia accrebbero la loro potenza fino a battere moneta propria nella città di Lucca, imitando il tipo monetario carolingio, tralasciando così il segno dell’autorità imperiale.

Questo denaro aveva perso ulteriormente bontà e peso, per cui, pur rimanendo intatta la riforma monetaria carolingia, il potere di acquisto si ridusse notevolmente, generando svalutazione e sfiducia dei mercati. Si giunse all’eccesso di battere moneta di rame e tramite il processo d’imbiancatura, farla sembrare d’argento.

Denaro di Ugo II il grande e Giuditta, Duchi di Toscana

Questo tipo di denaro servì quando l’Italia subì le invasioni degli Ungari che compivano razzie nelle campagne. Nel 947 re Berengario II, anziché combatterli, trattò con il denaro la loro ritirata dal suo regno. Indebolì la moneta, mischiando in abbondanza il rame con l’argento; fece battere 10 moggia di denari, con i quali soddisfece l’accordo bilaterale.

In questo frangente, grazie alla sua possente muraglia, la città non subì alcun danno, solo le campagne furono oggetto di danni poco rilevanti. I proprietari terrieri, per arginare in qualche modo queste scorrerie, incastellarono le vecchie curtes, trasformandole in centri fortificati per proteggere sia i contadini e i raccolti. Per quanto possa sembrare strano, questo periodo del Medioevo e il più importante, poiché segna il passaggio di mentalità che darà origine al concetto di economia e di mercato, così come oggi lo conosciamo. L’istituzione carolingia basata sulla potenza dell’imperatore e la sua capacità di governare tramite il vassallaggio, garantendo benefici. I beneficiari si comportavano allo stesso modo con i loro subalterni, fino a raggiungere gli strati più bassi della società. Il sistema era verticistico e bloccato: nessuno poteva fare a meno della protezione e dei benefici di un Signore.

Con la crisi dell’Impero il sistema decade e il Signore locale, per poter agire liberamente deve crearsi un’indipendenza economica e finanziaria. Quindi, lo sforzo nell’acquisizione di grandi possedimenti fondiari e la determinazione di sfruttarli al massimo, attraverso la loro messa a cultura.

D’ora in avanti solo i proventi che giungono dall’agricoltura e non da regalie di Imperatori e loro subalterni, determineranno la ricchezza di un Signore. Una componente fondamentale sono i contadini, la loro disponibilità a servire il Signore, a pagargli le imposte e cedergli parte dei raccolti. Questi non usa più la coercizione sfruttando l’autorità e il potere che un tempo gli venivano dall’alto, ma il consenso. L’aumento della produzione agricola pone l’esigenza di trasformare il surplus in ulteriore fonte di ricchezza, favorendo la collocazione delle eccedenze in altri luoghi.

Ecco, quindi il proliferare di fiere e mercati incoraggiati dai propri Signori…continua

Edoardo Puccetti (storico lucchese)

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