La Porta del Paradiso…di Marco Polloni
A chiunque può essere capitato di restare stupito e colto da meraviglia, alla vista della porta Est del Battistero di Firenze, conosciuta come: LA PORTA DEL PARADISO.
Tale capolavoro, realizzato da Lorenzo Ghiberti tra il 1425 e il 1452, merita veramente l’appellativo, che stando alle fonti, gli fu attribuito da Michelangelo:
<< Elle son tanto belle, ch’elle starebbon bene alle porte del Paradiso. [……] Lode veramente propria, e detta da chi poteva giudicarle. >> ( Giorgio Vasari – “ Le Vite ” ).
Si tratta della porta che guarda verso l’ingresso del Duomo, che dirige in direzione dell’altare; da tale porta i battezzati uscivano per entrare nella navata del Tempio Cristiano, in direzione del Sole che nasce, verso Oriente, che significa: andare verso una NUOVA VITA.
Il BATTESIMO, che nei primi secoli dell’era cristiana veniva celebrato nel BATTISTERO esterno alla CHIESA, è il fondamento di tutta la vita cristiana, è la porta che apre la via agli altri SACRAMENTI che erano celebrati all’interno del TEMPIO CRISTIANO (i catecumeni, non potevano accedere alla NAVATA, prima di essere battezzati; per dirla in maniera che può apparire impropria, erano ritenuti PROFANI = PRO – davanti e FANUM – tempio, che significa: davanti al tempio ossia fuori dal tempio).
Il BATTESIMO è il SACRAMENTO per mezzo dell’ACQUA e della PAROLA; battezzare in greco significa TUFFARE, IMMERGERE. Con il BATTESIMO si muore e si RI-NASCE RINNOVATI, degni della VITA NELLO SPIRITO.
Ovviamente la funzione di quanto detto sopra è quella di evidenziare l’importanza religiosa del BATTISTERO, e di conseguenza, e soprattutto nel nostro caso, della PORTA che occupa la posizione e la funzione sopra descritta.
Tale porta, rispetto alle altre, segue un impianto compositivo decisamente rinnovato; alle formelle mistilinee Lorenzo preferisce la forma quadrata, ed imposta la narrazione biblica veterotestamentaria in 10 formelle (79,5×79;5 – bronzo dorato ad amalgama di mercurio), in cui le storie si susseguono in un percorso scrupolosamente modellato secondo <le misure dell’occhio>.
C’è da premettere che ognuna delle formelle narra, in uno spazio unitario, più momenti di una stessa storia, distribuiti secondo un ritmo variabile, in un andamento di successione narrativa, in cui il rilievo, più o meno evidente, è indice della collocazione temporale, ad eccezione dell’ultima formella (quella in basso a destra) che tratta l’INCONTRO DI SALOMONE CON LA REGINA DI SABA , che decisamente si distacca dalle altre.
Il TEMA TEOLOGICO di base è quello della SALVEZZA, una tematica fondamentale dell’Antico Testamento che trova compimento, alla luce di Cristo, nel Nuovo Testamento; nella sequenza che segue, in ordine di lettura a partire dall’alto a sinistra: 1-Adamo ed Eva; 2-Caino e Abele; 3-Noè;
4-Abramo e Isacco (la formella ingrandita qui presente); 5-Isacco, Esaù e Giacobbe; 6-Giuseppe; 7-Mosè; 8-Giosuè; 9-Davide; 10-Salomone e la Regina di Saba.
Ovviamente, sarebbe inutile dirlo, non è possibile esaminare ogni singola formella, ragion per cui la scelta cade sulla numero 4 in quanto tratta la stessa tematica, del concorso del 1401 (del quale parleremo in un prossimo articolo), relativa all’ episodio del SACRIFICIO DI ISACCO.
Dopo le prime tre rappresentazioni incentrate sul PECCATO ( Adamo ed Eva – Caino e Abele – Noè ), nella quarta si evidenziano potenziali valenze di ordine DOGMATICO, CRISTOLOGICO e a CARATTERE MORALE.
Una rigorosa ma semplice struttura organizza la composizione dello spazio, nel quale si distinguono più momenti narrativi che si sviluppano in una stessa scena, molteplici tempi in una unità di spazio.
Un asse verticale immaginario, corrispondente al fusto dell’albero più alto, divide la composizione in due parti (asse verticale A-A’), le quali a loro volta, idealmente ancora si dividono in due parti (asse orizzontale tratteggiato B-B’), quindi abbiamo due parti narrative, dove Abramo si ripete in
ognuna (in basso a sinistra e in alto a destra) e quattro riquadri.
In basso a sinistra è collocata la scena tratta da libro della Genesi 18,1-15: << Poi il Signore apparve a lui (ad Abramo) alle Querce di Mamre …… (le cui fronde occupano il riquadro soprastante) Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini (tre angeli) stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro …… e si prostrò fino a terra >> (Gn 18,1-2).
Quindi nel riquadro indicato si vede Abramo inginocchiato davanti ai tre misteriosi visitatori, rappresentati come tre angeli identici l’un l’altro; sono i tre angeli che la tradizione cristiana ha interpretato come la manifestazione del DIO TRINITARIO.
Tali tre angeli, prefigurazione della TRINITA’ chiedono di Sara e annunciano ad Abramo la nascita di un figlio, che avranno in tarda età:
<< Poi gli dissero: “Dov’è Sara tua moglie?”. Rispose (Abramo): “E’ la’ nella tenda”. Riprese (gli angeli parlano al singolare): “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara tua moglie avrà un figlio”. Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. >> (Gn 18, 9-10).
La parte destra, riferita ad un tempo diverso, riguarda il racconto del SACRIFICIO DI ISACCO espresso in Genesi 22,1-14:
<< …… Dio mise alla prova Abramo e gli disse …… “Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indichero” (Gn 22. 1-2). Tale richiesta, da parte di Dio, ad Abramo, esprime una elevata LEZIONE SPIRITUALE, e un grande esempio di FEDE. << Il terzo giorno (di cammino) Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: “Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ……” . >> (Gn 22, 4-5).
Infatti la scena in basso a destra, mostra i servi in attesa con l’asino mentre sopra nello stesso tempo, sulla collina (che in riferimento a 2 Cronache 3,1 è il luogo in cui si eleverà il Tempio di Gerusalemme), accade il culmine del racconto, Abramo sta per sacrificare Isacco, ma la mano dell’angelo mandato da Dio lo ferma; la prova di grande fede è data: << ……Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: “Abramo, Abramo!”. Rispose (Abramo): “Eccomi!”. L’angelo disse: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito”. >>. (Gn 22, 9-12).
In questo racconto i Padri della Chiesa intravidero la figura della PASSIONE di Gesù il FIGLIO UNICO; ma lo stesso racconto implica anche la condanna pronunciata nel libro del Levitico relativa ai sacrifici umani: << Non consegnerai alcuno dei tuoi figli per farlo passare a Moloc (in eb. Melqart – nome di una divinità e di un particolare tipo di sacrificio associato al fuoco) e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore >> (Lv 18,21).
Per concludere possiamo ammettere che, il testo biblico rappresentato nella formella bronzea, è polisignificante, può avere diverse legittime letture tra cui anche quella relativa alla denuncia contro le pratiche di alcuni popoli cananei che per culto praticavano sacrifici umani, per cui Dio provvede
alla sostituzione della vittima sacrificale: << Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete,….. andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. >> (Gn 22,13).
Prof. Marco Polloni