Viareggio: un borgo che diventa Città..ricerche della redazione

Nel 1968 l’Ing. Rolando Dini pubblica degli appunti sulla storia urbanistica della Città, abbiamo ritrovato questo fascicolo che contiene molti documenti provenienti dall’Archivio Storico del Comune, oggi pubblichiamo :

Le Origini di Viareggio

Intorno all’anno Mille, il territorio sul quale oggi si estende la moderna città di Viareggio era assoluto dominio del mare: le acque giungevano, infatti, dove oggi si snoda la statale Aurelia. La terra emersa aveva un aspetto lagunare formato da una palude vastissima, con dune sabbiose e tomboli, ricoperta da una boscaglia selvaggia – vero latifondo palustre – che si estendeva da Malaventre a Motrone. Un panorama aspro e desolato, dove nessun segno d’insediamento umano poteva scorgersi, se non volgendo lo sguardo sulle colline, sulle quali si erano formati piccoli borghi e dove erano disseminati, qua e là, casolari di coloni e di pastori. In pianura, le condizioni difficilissime di agibilità e l’insalubrità dell’aria non offrivano certo le possibilità per una dimora stabile. La particolare situazione della zona non consentiva neppure che questa fosse frequentata, mancando strade, e quel poco traffico che veniva effettuato poteva farsi soltanto attraverso i molti canali naturali usati per il trasporto, con chiatte, dei prodotti della caccia, della pesca, del sale e di altre mercanzie nei porticcioli palustri ubicati ai piedi delle colline circostanti e in quelli che sorgevano lungo le sponde del lago di Massaciuccoli, allora molto più vasto del presente.

La plaga presentava un aspetto selvaggio, ma nello stesso tempo affascinante, proprio come è affascinante la natura quando non è modificata od imbrigliata dall’opera dell’uomo: un mare bellissimo, una boscaglia quasi impenetrabile, ricchissima di selvaggina, ridenti colline, e, più a nord, la corona meravigliosa delle Apuane. Questo era il volto del nostro territorio, quando di Viareggio non esisteva neppure l’area sulla quale, con il susseguirsi dei secoli, sorgerà in tutto il suo splendore la “Perla del Tirreno”. Quando i Lucchesi divennero possessori di una vasta zona della nostra marina stimarono di difenderla da eventuali incursioni dei nemici pisani con una valida opera di fortificazioni. Perciò nell’anno 1171, convennero con gli alleati Genovesi di innalzare sulla spiaggia un castello solido e robusto che assicurasse una difesa contro ogni attacco che venisse da terra e dal mare. Infatti Lucca, da tempo, rivendicava il libero possesso della fascia costiera sulla quale si affacciavano i propri territori e tale rivendicazione provocò la reazione di Pisa che voleva tenere il dominio su tutto il vasto litorale da Roma alla Liguria. L’impresa presentava però molte difficoltà: anzitutto per la natura accidentata del terreno, per la presenza delle vaste paludi e per la mancanza assoluta di strade, e poi per la impossibilità di trasportare sul luogo il materiale necessario alla costruzione del castello. Perciò si rese necessario, prima di dare inizio ai lavori, di costruire una strada in mezzo alla palude, che portasse dalla spiaggia a Montramito, cioè al punto più vicino della fascia collinare retrostante. Fu questo un lavoro veramente grandioso per quel tempo. Si pensi che la strada doveva elevarsi al di sopra delle acque e su terreno franoso. Si cercò di sfruttare le dune che affioravano dal padule, si riempirono di sassi ricavati dalle vicine cave di Colsereno ampi tratti di acquitrini; sopra la gettata di sassi venne effettuata una copertura di terra e sopra questa vennero posate fascine e tronchi di legname ed infine terra e ghiaia. Si trattava in sostanza di una strada “pensile”, tantochè bastava che un carro più pesante del solito la percorresse, per vedere la strada abbassarsi nella palude. Questa via, che venne chiamata “Regia“, appunto perchè posta dai Lucchesi sotto la tutela dell’Imperatore, al fine di liberarla da ogni tassa di pedaggio, è l’attuale via di Montramito. La sua tortuosità, esistente anche oggi, è derivata proprio dal fatto che vennero sfruttate le dune esistenti, che obbligarono a non seguire la linea retta, come sarebbe stato più ovvio, e forse più economico.

Portati finalmente a termine i lavori della strada si iniziarono quelli del castello. Questo venne chiamato il “Castrum de Via Regia“. Appare perciò evidente il nesso che corre tra l’originaria denominazione del castello sul mare ed il toponimo della nostra città. Secondo quanto afferma il cancelliere genovese Oberto, che eseguì un sopraluogo sul posto, sappiamo che il castello di Viareggio era di forma rotonda, con una circonferenza di metri 20,35 e dell’altezza di metri 46,40, circondato da un muro alto circa 34 metri, a sua volta difeso da un altro muro, detto “barbacane”. Dice Oberto che coloro che entravano nell’Arno o si appressavano alla sua foce, potevano chiaramente scorgere questa torre e potevano additarla a quelli che seguivano. Un’altra notizia che descrive il castello viareggino l’abbiamo dallo storico lucchese Tommaso Trenta, che così dice : Un grande edificio rotondo formava il Castello, ossia maschio di maschio di Viareggio, con vallo cinto da muro e da fosse. Entro il recinto indicato non vi si poteva girare intorno, venendo impedito da un alto muro al nemico di penetrare nell’interno e di caracollare dall’altra parte. Fortissima era la torre di mezzo, che aveva un pozzo nel centro. Ascendendo dal vallo nella parte inferiore della medesima, si trovava un’ampia corsia circolare, che prendeva la luce da due altissime cateratte aperte nella volta, l’una vicina all’altra, quanto lo permetteva la divisione murata. Dalla corsia si comunicava al verone superiore per mezzo di scale a mano, atte a rimuoversi agevolmente all’occorrenza. Coprivasi in battaglia il verone con ben salda tettoia sostenuta da travi appoggiate sopra mensole di macigno. Lo stesso maschio poggiava sul cervello della volta inferiore, lasciando nel suo seno uno spazio ampio con altri ordini di mensole esterne. Il terreno che dava termine a questa fortificazione era tanto sollevato, che dal medesimo si spingeva a molta distanza le offese contro il nemico”. Il castello, oltre a rappresentare un elemento di difesa, aveva anche lo scopo di segnalare, con fumate o fuochi, l’avvicinarsi di milizie avversari ai castelli posti sopra le colline che a loro volta, attraverso un ponte ottico, provvedevano ad avvertire Lucca…….continua

Redazione Argonauti

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