L’Italia e la tassazione delle criptovalute

Negli ultimi anni molte persone hanno iniziato ad investire nelle varie criptovalute, la più famosa è Bitcoin. Il problema in Italia è che non è ben chiaro come comportarsi nel caso si venda la criptovaluta per incassare gli euro. Lo Stato italiano non ha ancora emanato una legge.
Quindi gli investitori si ritrovano in una specie di limbo fiscale.
La normativa non si basa su una fonte univoca, una legge, ma sull’interpretazione che le varie sedi dell’Agenzia dell’Entrate (normalmente sono sedi periferiche, perché la sede di Roma, per ora, si tiene lontana, in attesa di una norma, dall’esprimersi) ed i tribunali hanno emanato negli anni.

Inizialmente gli investitori passavano attraverso le banche per l’acquisto, ma ultimamente, grazie ad App di trading come eToro e Robinhood, è possibile effettuare acquisti in autonomia, ma senza il supporto professionale dato dalle banche.

Ora che si trovano con patrimoni ingenti, grazie all’aumentare del valore delle criptovalute, si pongono la domanda di come dichiararle al fisco.

Tutti gli investimenti esteri vanno dichiarati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, anche di modesta entità. Questa è una semplice dichiarazione al fisco per fargli sapere l’importo dei nostri investimenti. Ovviamente fino alla vendita nulla è dovuto. Si pagheranno le tasse solamente sulle plusvalenze.

Le tasse sulle plusvalenze, però, andranno pagate solamente se la giacenza media nell’ultimo anno è stata superiore a € 51.645,69.

Detto questo, la maggior parte dei possessori di criptovalute si trova in una posizione di irregolarità, sia perché pochi conoscono il quadro RW, sia perché le transazioni avvengono su piattaforme estere e quindi sono irrintracciabili.

Gli investitori di criptovalute le usano come un sistema anarchico contro i vari stati ed oltretutto, in Italia, hanno paura che qualora fosse legiferata una norma, questa possa cambiare nel corso del tempo. Certamente memori di altre norme fiscali.

Per ora il danno al sistema fiscale è nullo, fino alla vendita e conseguente plusvalenza ottenuta.

Il problema si porrà nei prossimi anni quando i prezzi delle criptovalute si stabilizzeranno e gli investitori vorranno godere dei guadagni.

Forse una sanatoria servirà per regolarizzare questi investitori ed indicare un anno zero dal quale partire.

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